![]() |
![]() |
![]() |
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Parte prima - sezione prima
Torna all'indice del Catechismo
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
26 Quando professiamo la nostra fede, cominciamo
dicendo: “Io credo” oppure “Noi crediamo”. Perciò, prima di esporre la
fede della Chiesa, così come è confessata nel Credo, celebrata nella Liturgia,
vissuta nella pratica dei comandamenti e nella preghiera, ci domandiamo che cosa
significa “credere”. La fede è la risposta dell'uomo a Dio che gli si
rivela e gli si dona, apportando nello stesso tempo una luce sovrabbondante
all'uomo in cerca del senso ultimo della vita. Prendiamo anzitutto in
considerazione questa ricerca dell'uomo (capitolo primo), poi la Rivelazione
divina attraverso la quale Dio si manifesta all'uomo (capitolo secondo), infine
la risposta della fede (capitolo terzo).
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - “IO CREDO” - “NOI CREDIAMO”
CAPITOLO PRIMO -
L'UOMO E' “CAPACE” DI DIO
27 Il
desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato
creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in
Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa:
La
ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla
comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio:
non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per
amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce
liberamente e se non si affida al suo Creatore [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 19].
28 Nel
corso della loro storia, e fino ai giorni nostri, gli uomini in molteplici modi
hanno espresso la loro ricerca di Dio attraverso le loro credenze ed i loro
comportamenti religiosi (preghiere, sacrifici, culti, meditazioni, ecc).
Malgrado le ambiguità che possono presentare, tali forme d'espressione sono così
universali che l'uomo può essere definito un essere religioso:
Dio
creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la
faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del
loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a
tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci
muoviamo ed esistiamo ( At 17,26-28 ).
29 Ma
questo “intimo e vitale legame con Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 19] può essere dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente
rifiutato dall'uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse: [Cf
ibid., 19-21] la ribellione contro la presenza del male nel mondo, l'ignoranza o
l'indifferenza religiosa, le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, [Cf Mt
13,22 ] il cattivo esempio dei credenti, le correnti di pensiero ostili alla
religione, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a nascondersi, per paura,
davanti a Dio [Cf Gen 3,8-10 ] e a fuggire davanti alla sua chiamata [Cf Gn 1,3
].
30
“Gioisca il cuore di chi cerca il Signore” ( Sal 105,3 ). Se l'uomo può
dimenticare o rifiutare Dio, Dio però non si stanca di chiamare ogni uomo a
cercarlo perché viva e trovi la felicità. Ma tale ricerca esige dall'uomo
tutto lo sforzo della sua intelligenza, la rettitudine della sua volontà, “un
cuore retto” ed anche la testimonianza di altri che lo guidino nella ricerca
di Dio.
Tu sei
grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù e la tua sapienza
incalcolabile. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato che si
porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo
peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo, una particella del
tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi,
perché ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in
te [Sant'Agostino, Confessiones, 1, 1, 1].
II. Le vie che portano alla conoscenza di Dio
31
Creato a immagine di Dio, chiamato a conoscere e ad amare Dio, l'uomo che cerca
Dio scopre alcune “vie” per arrivare alla conoscenza di Dio. Vengono anche
chiamate “prove dell'esistenza di Dio”, non nel senso delle prove ricercate
nel campo delle scienze naturali, ma nel senso di “argomenti convergenti e
convincenti” che permettono di raggiungere vere certezze.
Queste
“vie” per avvicinarsi a Dio hanno come punto di partenza la creazione: il
mondo materiale e la persona umana.
32 Il
mondo: partendo dal movimento e dal divenire, dalla contingenza, dall'ordine e
dalla bellezza del mondo si può giungere a conoscere Dio come origine e fine
dell'universo.
San
Paolo riguardo ai pagani afferma “Ciò che di Dio si può conoscere è loro
manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo
in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto
nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità” ( Rm
1,19-20 ) [Cf At 14,15; At 14,17; 32 At 17,27-28; Sap 13,1-9 ].
E
sant'Agostino: “Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria
rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo... interroga tutte
queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo
belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode ["confessio"].
Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno
che è bello ["Pulcher"] in modo immutabile?” [Sant'Agostino,
Sermones, 241, 2: PL 38, 1134].
33 L'
uomo: con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del
bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua
aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga sull'esistenza di
Dio. In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale.
“Germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile alla sola materia”, [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 18; cf 14] la sua anima non può avere la
propria origine che in Dio solo.
34 Il
mondo e l'uomo attestano che essi non hanno in se stessi né il loro primo
principio né il loro fine ultimo, ma che partecipano all'Essere in sé, che non
ha né origine né fine. Così, attraverso queste diverse “vie”, l'uomo può
giungere alla conoscenza dell'esistenza di una realtà che è la causa prima e
il fine ultimo di tutto “e che tutti chiamano Dio” [San Tommaso d'Aquino,
Summa theologiae, I, 2, 3].
35
L'uomo ha facoltà che lo rendono capace di conoscere l'esistenza di un Dio
personale. Ma perché l'uomo possa entrare nella sua intimità, Dio ha voluto
rivelarsi a lui e donargli la grazia di poter accogliere questa Rivelazione
nella fede. Tuttavia, le “prove” dell'esistenza di Dio possono disporre alla
fede ed aiutare a constatare che questa non si oppone alla ragione umana.
III. La conoscenza di Dio secondo la Chiesa
36
“La santa Chiesa, nostra madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine
di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della
ragione umana partendo dalle cose create” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm.,
3004; cf 3026; Conc. Ecum. Vat. II, Dei ]. Senza
questa capacità, l'uomo non potrebbe accogliere la Rivelazione di Dio. L'uomo
ha questa capacità perché è creato “a immagine di Dio” [Cf Gen 1,27 ].
37
Tuttavia, nelle condizioni storiche in cui si trova, l'uomo incontra molte
difficoltà per conoscere Dio con la sola luce della ragione.
Infatti,
sebbene la ragione umana, per dirla semplicemente, con le sole sue forze e la
sua luce naturale possa realmente pervenire ad una conoscenza vera e certa di un
Dio personale, il quale con la sua Provvidenza si prende cura del mondo e lo
governa, come pure di una legge naturale inscritta dal Creatore nelle nostre
anime, tuttavia la stessa ragione incontra non poche difficoltà ad usare
efficacemente e con frutto questa sua capacità naturale. Infatti le verità che
concernono Dio e riguardano i rapporti che intercorrono tra gli uomini e Dio,
trascendono assolutamente l'ordine delle cose sensibili, e, quando devono
tradursi in azioni e informare la vita, esigono devoto assenso e la rinuncia a
se stessi. Lo spirito umano, infatti, nella ricerca intorno a tali verità,
viene a trovarsi in difficoltà sotto l'influsso dei sensi e della immaginazione
ed anche a causa delle tendenze malsane nate dal peccato originale. Da ciò
consegue che gli uomini facilmente si persuadono, in tali argomenti, che è
falso o quanto meno dubbio ciò che essi non vorrebbero che fosse vero” [Pio
XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
38 Per
questo l'uomo ha bisogno di essere illuminato dalla Rivelazione di Dio, non
solamente su ciò che supera la sua comprensione, ma anche sulle “verità
religiose e morali che, di per sé, non sono inaccessibili alla ragione, affinché
nella presente condizione del genere umano possano essere conosciute da tutti
senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza d'errore” [Pio XII,
Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
39 Nel
sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa
esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e
con tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo dialogo con le
altre Religioni, con la filosofia e le scienze, come pure con i non credenti e
gli atei.
40
Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio
su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il
nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare.
41 Le
creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo
l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle
creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione
infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle
perfezioni delle sue creature, “difatti dalla grandezza e bellezza delle
creature per analogia si conosce l'Autore” ( Sap 13,5 ).
42 Dio
trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro
linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non
confondere il Dio “ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile”
[Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre rappresentazioni
umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio.
43
Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana,
ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua
infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che “non si può rilevare
una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di
loro una dissomiglianza ancora maggiore”, [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm.,
806] e che “noi non possiamo cogliere di Dio ciò che Egli è, ma solamente ciò
che Egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a lui” [San
Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, 1, 30].
44
L'uomo è per natura e per vocazione un essere religioso. Poiché viene da Dio e
va a Dio, l'uomo non vive una vita pienamente umana, se non vive liberamente il
suo rapporto con Dio.
45
L'uomo è creato per vivere in comunione con Dio, nel quale trova la propria
felicità: “Quando mi sarò unito a Te con tutto me stesso, non esisterà per
me dolore e pena. Sarà vera vita la mia, tutta piena di Te” [Sant'Agostino,
Confessiones, 10, 28, 39].
46
Quando ascolta il messaggio delle creature e la voce della propria coscienza,
l'uomo può raggiungere la certezza dell'esistenza di Dio, causa e fine di
tutto.
47 La
Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, può essere
conosciuto con certezza attraverso le sue opere, grazie alla luce naturale della
ragione umana [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3026].
48
Partendo dalle molteplici perfezioni delle creature, similitudini del Dio
infinitamente perfetto, possiamo realmente parlare di Dio, anche se il nostro
linguaggio limitato non ne esaurisce il Mistero.
49
“La creatura senza il Creatore svanisce” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 36]. Ecco perché i credenti sanno di essere spinti dall'amore di Cristo a
portare la luce del Dio vivente a coloro che lo ignorano o lo rifiutano.
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - “IO CREDO” - “NOI CREDIAMO”
CAPITOLO SECONDO -
DIO VIENE INCONTRO ALL'UOMO
50 Per mezzo della ragione naturale, l'uomo può
conoscere Dio con certezza a partire dalle sue opere. Ma esiste un altro ordine
di conoscenza a cui l'uomo non può affatto arrivare con le sue proprie forze,
quello della Rivelazione divina [Cf Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3015].
Per una decisione del tutto libera, Dio si rivela e si dona all'uomo svelando il
suo Mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l'eternità in
Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno
inviando il suo Figlio prediletto, nostro Signore Gesù Cristo, e lo Spirito
Santo.
LA
RIVELAZIONE DI DIO
I. Dio rivela il suo “disegno di benevolenza”
51
“Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere
il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini, per mezzo di
Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono così
resi partecipi della divina natura” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 2].
52 Dio che
“abita una luce inaccessibile” ( 1Tm 6,16 ) vuole comunicare la propria vita
divina agli uomini da lui liberamente creati, per farne figli adottivi nel suo
unico Figlio [Cf Ef 1,4-5 ]. Rivelando se stesso, Dio vuole rendere gli uomini
capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero
capaci da se stessi.
53 Il
disegno divino della Rivelazione si realizza ad un tempo “con eventi e
parole” che sono “intimamente connessi tra loro” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei
Verbum, 2] e si chiariscono a vicenda. Esso comporta una “pedagogia divina”
particolare: Dio si comunica gradualmente all'uomo, lo prepara per tappe a
ricevere la Rivelazione soprannaturale che egli fa di se stesso e che culmina
nella persona e nella missione del Verbo incarnato, Gesù Cristo.
Sant'Ireneo
di Lione parla a più riprese di questa pedagogia divina sotto l'immagine della
reciproca familiarità tra Dio e l'uomo: “Il Verbo di Dio pose la sua
abitazione tra gli uomini e si è fatto Figlio dell'uomo, per abituare l'uomo a
comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell'uomo secondo la
volontà del Padre” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 20, 2; cf p.
esempio 3, 17, 1; 4, 12, 4; 4, 21, 3].
II. Le tappe della Rivelazione
Fin dal principio, Dio si fa conoscere
54
“Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo, offre agli
uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé. Inoltre, volendo
aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai
progenitori” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 3]. Li ha
invitati ad una intima comunione con sé rivestendoli di uno splendore di grazia
e di giustizia.
55
Questa Rivelazione non è stata interrotta dal peccato dei nostri progenitori.
Dio, in realtà, “dopo la loro caduta, con la promessa della Redenzione, li
risollevò nella speranza della salvezza ed ebbe costante cura del genere umano,
per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la
perseveranza nella pratica del bene” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 3].
“Quando,
per la sua disobbedienza, l'uomo perse la tua amicizia, tu non l'hai abbandonato
in potere della morte... Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza”
[Messale Romano, Preghiera eucaristica IV].
L'Alleanza con Noè
56
Dopo che l'unità del genere umano è stata spezzata dal peccato, Dio cerca
prima di tutto di salvare l'umanità passando attraverso ciascuna delle sue
parti. L'Alleanza con Noè dopo il diluvio [Cf Gen 9,9 ] esprime il principio
dell'Economia divina verso le “nazioni”, ossia gli uomini riuniti in gruppi,
“ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro
nazioni” ( Gen 10,5 ) [Cf Gen 10,20-31 ].
57
Quest'ordine, ad un tempo cosmico, sociale e religioso della pluralità delle
nazioni, [Cf At 17,26-27 ] ha lo scopo di limitare l'orgoglio di una umanità
decaduta, la quale, concorde nella malvagità, [Cf Sap 10,5 ] vorrebbe fare da
se stessa la propria unità alla maniera di Babele [Cf Gen 11,4-6 ]. Ma, a causa
del peccato, [Cf Rm 1,18-25 ] sia il politeismo sia l'idolatria della nazione e
del suo capo, costituiscono una continua minaccia di perversione pagana per
questa Economia provvisoria.
58
L'Alleanza con Noè resta in vigore per tutto il tempo delle nazioni, [Cf Lc
21,24 ] fino alla proclamazione universale del Vangelo. La Bibbia venera alcune
grandi figure delle “nazioni”, come “Abele il giusto”, il re-sacerdote
Melchisedech, [Cf Gen 14,18 ] figura di Cristo, [Cf Eb 7,3 ] i giusti “Noè,
Daniele e Giobbe” ( Ez 14,14 ). La Scrittura mostra così a quale altezza di
santità possano giungere coloro che vivono secondo l'Alleanza di Noè
nell'attesa che Cristo riunisca “insieme tutti i figli di Dio che erano
dispersi” ( Gv 11,52 ).
Dio elegge Abramo
59 Per
riunire tutta l'umanità dispersa, Dio sceglie Abraham chiamandolo fuori dal suo
paese, dalla sua parentela, dalla casa di suo padre, [Cf Gen 12,1 ] per fare di
lui Abraham, vale a dire “il padre di una moltitudine di popoli” ( Gen 17,5
): “In te saranno benedette tutte le nazioni della terra” (Gn 12,3 LXX) [Cf
Gal 3,8 ].
60 Il
popolo discendente da Abramo sarà il depositario della promessa fatta ai
patriarchi, il popolo della elezione, [Cf Rm 11,28 ] chiamato a preparare la
ricomposizione, un giorno, nell'unità della Chiesa, di tutti i figli di Dio; [Cf
Gv 11,52; 60 Gv 10,16 ] questo popolo sarà la radice su cui verranno innestati
i pagani diventati credenti [Cf Rm 11,17-18; 60 Rm 11,24 ].
61 I
patriarchi e i profeti ed altre figure dell'Antico Testamento sono stati e
saranno sempre venerati come santi in tutte le tradizioni liturgiche della
Chiesa.
Dio forma Israele come suo popolo
62
Dopo i patriarchi, Dio forma Israele quale suo popolo salvandolo dalla schiavitù
dell'Egitto. Conclude con lui l'Alleanza del Sinai e gli dà, per mezzo di Mosè,
la sua legge, perché lo riconosca e lo serva come l'unico Dio vivo e vero,
Padre provvido e giusto giudice, e stia in attesa del Salvatore promesso [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 3].
63 Israele
è il Popolo sacerdotale di Dio, [Cf Es 19,6 ] colui che “porta il Nome del
Signore” ( Dt 28,10 ). E' il Popolo di coloro “a cui Dio ha parlato quale
primogenito”, [Messale Romano, Venerdì Santo: Preghiera universale VI] il
Popolo dei “fratelli maggiori” nella fede di Abramo.
64
Attraverso i profeti, Dio forma il suo Popolo nella speranza della salvezza,
nell'attesa di una Alleanza nuova ed eterna destinata a tutti gli uomini [Cf Is
2,2-4 ] e che sarà inscritta nei cuori [Cf Ger 31,31-34; Eb 10,16 ]. I profeti
annunziano una radicale redenzione del Popolo di Dio, la purificazione da tutte
le sue infedeltà, [Cf Ez 36 ] una salvezza che includerà tutte le nazioni [Cf
[Cf Is 49,5-6; Is 53,11 ]. Saranno soprattutto i poveri e gli umili del Signore
[Cf Sof 2,3 ] che porteranno questa speranza. Le donne sante come Sara, Rebecca,
Rachele, Miryam, Debora, Anna, Giuditta ed Ester hanno hanno conservato viva la
speranza della salvezza d'Israele. Maria ne è l'immagine più luminosa [Cf Lc
1,38 ].
III. Cristo Gesù -
“Mediatore
e pienezza di tutta la Rivelazione”
[Conc.
Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 2]
Dio ha detto tutto nel suo Verbo
65
“Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi
ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi
per mezzo del Figlio” ( Eb 1,1-2 ). Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la
Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in lui dice tutto, e non
ci sarà altra parola che quella. San Giovanni della Croce, sulle orme di tanti
altri, esprime ciò in maniera luminosa, commentando Eb 1,1-2 :
Dal
momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva
Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola
e non ha più nulla da dire. . . Infatti quello che un giorno diceva
parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto nel suo Figlio, donandoci questo tutto
che è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e
chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma
offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va
cercando cose diverse e novità [San Giovanni della Croce, Salita al monte
Carmelo, 2, 22, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle letture del lunedì
della seconda settimana di Avvento].
Non ci sarà altra Rivelazione
66
“L'Economia cristiana, in quanto è Alleanza Nuova e definitiva, non passerà
mai e non è da aspettarsi alcuna nuova Rivelazione pubblica prima della
manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 4].
Tuttavia, anche se la Rivelazione è compiuta, non
è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne
gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli.
67
Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate “private”, alcune
delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse non
appartengono tuttavia al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di
“migliorare” o di “completare” la Rivelazione definitiva di Cristo, ma
di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato
dal Magistero della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò
che in queste rivelazioni costituisce un appello autentico di Cristo o dei suoi
santi alla Chiesa.
La
fede cristiana non può accettare “rivelazioni” che pretendono di superare o
correggere la Rivelazione di cui Cristo è il compimento. E' il caso di alcune
Religioni non cristiane ed anche di alcune recenti sette che si fondano su tali
“rivelazioni”.
68 Per
amore, Dio si è rivelato e si è donato all'uomo. Egli offre così una risposta
definitiva e sovrabbondante agli interrogativi che l'uomo si pone sul senso e
sul fine della propria vita.
69 Dio
si è rivelato all'uomo comunicandogli gradualmente il suo Mistero attraverso
gesti e parole.
70 Al
di là della testimonianza che dà di se stesso nelle cose create, Dio si è
manifestato ai nostri progenitori. Ha loro parlato e, dopo la caduta, ha loro
promesso la salvezza [Cf Gen 3,15 ] ed offerto la sua Alleanza.
71 Dio
ha concluso con Noè una Alleanza eterna tra lui e tutti gli esseri viventi [Cf
Gen 9,16 ]. Essa durerà tanto quanto durerà il mondo.
72 Dio
ha eletto Abramo ed ha concluso una Alleanza con lui e la sua discendenza. Ne ha
fatto il suo popolo al quale ha rivelato la sua Legge per mezzo di Mosè. Lo ha
preparato, per mezzo dei profeti, ad accogliere la salvezza destinata a tutta
l'umanità.
73 Dio
si è rivelato pienamente mandando il suo proprio Figlio, nel quale ha stabilito
la sua Alleanza per sempre. Egli è la Parola definitiva del Padre, così che,
dopo di lui, non vi sarà più un'altra Rivelazione.
LA
TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE DIVINA
74 Dio
“vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della
verità” ( 1Tm 2,4 ), cioè di Gesù Cristo [Cf Gv 14,6 ]. E' necessario perciò
che il Cristo sia annunciato a tutti i popoli e a tutti gli uomini e che in tal
modo la Rivelazione arrivi fino ai confini del mondo:
Dio,
con la stessa somma benignità, dispose che quanto Egli aveva rivelato per la
salvezza di tutte le genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte
le generazioni [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
I. La Tradizione apostolica
75
“Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta la Rivelazione del sommo
Dio, ordinò agli Apostoli di predicare a tutti, comunicando loro i doni divini,
come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale, il Vangelo che,
prima promesso per mezzo dei profeti, Egli ha adempiuto e promulgato di sua
bocca” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 7].
La predicazione apostolica...
76 La
trasmissione del Vangelo, secondo il comando del Signore, è stata fatta in due
modi:
-
oralmente, “dagli Apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e
le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca, dal vivere
insieme e dalle opere di Cristo, sia ciò che avevano imparato per suggerimento
dello Spirito Santo”;
- per
iscritto, “da quegli Apostoli e uomini della loro cerchia, i quali, sotto
l'ispirazione dello Spirito Santo, misero in iscritto l'annunzio della della
salvezza” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 7].
...continuata attraverso la successione apostolica
77
“Affinché il Vangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, gli
Apostoli lasciarono come successori i vescovi, ad essi affidando il loro proprio
compito di magistero” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7]. Infatti,
“la predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri
ispirati, doveva essere conservata con successione continua fino alla fine dei
tempi” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
78 Questa
trasmissione viva, compiuta nello Spirito Santo, è chiamata Tradizione, in
quanto è distinta dalla Sacra Scrittura, sebbene ad essa strettamente legata.
Per suo tramite “la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo
culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni, tutto ciò che essa è,
tutto ciò che essa crede” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7]. “Le
asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di questa
Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della
Chiesa che crede e che prega” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 7].
79 In tal
modo la comunicazione, che il Padre ha fatto di sé mediante il suo Verbo nello
Spirito Santo, rimane presente e operante nella Chiesa: “Dio, il quale ha
parlato in passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto, e
lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce del Vangelo risuona nella
Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la
verità e fa risiedere in essi abbondantemente la Parola di Cristo” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 7].
II. Il rapporto tra la Tradizione e la Sacra
Scrittura
Una sorgente comune...
80
“La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte
e comunicanti. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse
formano in certo qual modo una cosa sola e tendono allo stesso fine” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 9]. L'una e
l'altra rendono presente e fecondo nella Chiesa il Mistero di Cristo, il quale
ha promesso di rimanere con i suoi “tutti i giorni, fino alla fine del
mondo” ( Mt 28,20 ).
...due modi differenti di trasmissione
81 “
La Sacra Scrittura è la Parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto
l'ispirazione dello Spirito divino”.
Quanto
alla Sacra Tradizione, essa conserva “la Parola di Dio, affidata da Cristo
Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli”, e la trasmette “integralmente
ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con
la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano”.
82
Accade così che la Chiesa, alla quale è affidata la trasmissione e
l'interpretazione della Rivelazione, “attinga la sua certezza su tutte le cose
rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono essere
accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 9].
Tradizione apostolica e tradizioni ecclesiali
83 La
Tradizione di cui qui parliamo è quella che viene dagli Apostoli e trasmette ciò
che costoro hanno ricevuto dall'insegnamento e dall'esempio di Gesù e ciò che
hanno appreso dallo Spirito Santo. In realtà, la prima generazione di cristiani
non aveva ancora un Nuovo Testamento scritto e lo stesso Nuovo Testamento
attesta il processo della Tradizione vivente.
Vanno
distinte da questa le “tradizioni” teologiche, disciplinari, liturgiche o
devozionali nate nel corso del tempo nelle Chiese locali. Esse costituiscono
forme particolari attraverso le quali la grande Tradizione si esprime in forme
adatte ai diversi luoghi e alle diverse epoche. Alla luce della Tradizione
apostolica queste “tradizioni” possono essere conservate, modificate oppure
anche abbandonate sotto la guida del Magistero della Chiesa.
III. L'interpretazione del deposito della fede
Il deposito della fede affidato alla totalità
della Chiesa
84 Il
“deposito” ( 1Tm 6,20 ) [Cf 2Tm 1,12-14 ] della fede (“depositum fidei”),
contenuto nella Sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, è stato affidato
dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. “Aderendo ad esso tutto il popolo
santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente nell'insegnamento degli
Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni, in modo
che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si crei una
singolare unità di spirito tra vescovi e fedeli” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
Il Magistero della Chiesa
85
“L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa
è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è
esercitata nel nome di Gesù Cristo”, [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10]
cioè ai vescovi in comunione con il successore di Pietro, il vescovo di Roma.
86
Questo “Magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve,
insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e
con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta, santamente la
custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito della fede attinge
tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
87 I fedeli,
memori della Parola di Cristo ai suoi Apostoli: “Chi ascolta voi, ascolta
me” ( Lc 10,16 ), [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 20] accolgono con
docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro dati, sotto varie
forme, dai Pastori.
I dogmi della fede
88 Il
Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da
Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il
popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute
nella Rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che
hanno con quelle una necessaria connessione.
89 Tra
i dogmi e la nostra vita spirituale c'è un legame organico. I dogmi sono luci
sul cammino della nostra fede, lo rischiarano e lo rendono sicuro. Inversamente,
se la nostra vita è retta, la nostra intelligenza e il nostro cuore saranno
aperti ad accogliere la luce dei dogmi della fede [Cf Gv 8,31-32 ].
90 I
mutui legami e la coerenza dei dogmi si possono trovare nel complesso della
Rivelazione del Mistero di Cristo [Cf Concilio Vaticano I: Denz.-Schönm., 3016:
“nexus mysteriorum”; Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25]. “Esiste
un ordine o "gerarchia" nelle verità della dottrina cattolica,
essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana” [Conc. Ecum.
Vat. II, Unitatis redintegratio, 11].
Il senso soprannaturale della fede
91
Tutti i fedeli sono partecipi della comprensione e della trasmissione della
verità rivelata. Hanno ricevuto l'unzione dello Spirito Santo che insegna loro
ogni cosa [Cf 1Gv 2,20; 1Gv 2,27 ] e li guida “alla verità tutta intera” (
Gv 16,13 ).
92
“La totalità dei fedeli... non può sbagliarsi nel credere, e manifesta
questa proprietà mediante il senso soprannaturale della fede in tutto il popolo
quando "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici" esprime
l'universale suo consenso in materia di fede e di costumi” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 12].
93
“Infatti, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito
di verità, il popolo di Dio, sotto la guida del sacro Magistero, ... aderisce
indefettibilmente "alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi",
con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica
nella vita” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 12].
La crescita nell'intelligenza della fede
94
Grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle realtà
quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della
Chiesa:
-
“Con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor
loro”; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8] in particolare “la ricerca
teologica... prosegue nella conoscenza profonda della verità rivelata” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 62; cf 44; Id., Dei Verbum, 23; 24; Id.,
Unitatis redintegratio, 4].
-
“Con la profonda intelligenza che” i credenti “provano delle cose
spirituali”; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8] “Divina eloquia cum
legente crescunt - le parole divine crescono insieme con chi le legge” [San
Gregorio Magno, Homilia in Ezechielem, 1, 7, 8: PL 76, 843D].
-
“Con la predicazione di coloro i quali, con la successione episcopale, hanno
ricevuto un carisma certo di verità” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8].
95 “E'
chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della
Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro tal mente connessi
e congiunti che non possono indipendentemente sussistere e che tutti insieme,
ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo,
contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 10].
96 Ciò
che Cristo ha affidato agli Apostoli, costoro l'hanno trasmesso con la
predicazione o per iscritto, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, a tutte le
generazioni, fino al ritorno glorioso di Cristo.
97
“La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito
della parola di Dio” , [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10] nel quale, come
in uno specchio, la Chiesa pellegrina contempla Dio, fonte di tutte le sue
ricchezze.
98
“La Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita, nel suo culto, perpetua e
trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa stessa è, tutto ciò che
essa crede” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 10].
99 Tutto il
popolo di Dio, in virtù del suo senso soprannaturale della fede, non cessa di
accogliere il dono della Rivelazione divina, di penetrarlo sempre più
profondamente e di viverlo più pienamente.
100
L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio è stato affidato al
solo Magistero della Chiesa, al Papa e ai vescovi in comunione con lui.
LA
SACRA SCRITTURA
I. Il Cristo - Parola unica della Sacra Scrittura
101
Nella condiscendenza della sua bontà, Dio, per rivelarsi agli uomini, parla
loro in parole umane: “Le parole di Dio, infatti, espresse con lingue umane,
si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo dell'eterno
Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece simile agli
uomini” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].
102 Dio,
attraverso tutte le parole della Sacra Scrittura, non dice che una sola Parola,
il suo unico Verbo, nel quale dice se stesso interamente [Cf Eb 1,1-3 ].
Ricordatevi
che uno solo è il discorso di Dio che si sviluppa in tutta la Sacra Scrittura
ed uno solo è il Verbo che risuona sulla bocca di tutti gli scrittori santi, il
quale essendo in principio Dio presso Dio, non conosce sillabazione perché è
fuori del tempo [Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 4, 1].
103
Per questo motivo, la Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture, come venera
il Corpo stesso del Signore. Essa non cessa di porgere ai fedeli il Pane di vita
preso dalla mensa della Parola di Dio e del Corpo di Cristo [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 21].
104 Nella
Sacra Scrittura, la Chiesa trova incessantemente il suo nutrimento e il suo
vigore; [Cf ibid., 24] infatti attraverso la divina Scrittura essa non accoglie
soltanto una parola umana, ma quello che è realmente: la Parola di Dio [Cf 1Ts
2,13 ]. “Nei Libri Sacri, infatti, il Padre che è nei cieli viene con molta
amorevolezza incontro ai suoi figli ed entra in conversazione con loro” [Conc.
Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 21].
II. Ispirazione e verità della Sacra Scrittura
105
Dio è l'Autore della Sacra Scrittura. “Le cose divinamente rivelate, che nei
libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto
l'ispirazione dello Spirito Santo.
La
Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i
libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché,
scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali
sono stati consegnati alla Chiesa” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
106 Dio ha
ispirato gli autori umani dei Libri Sacri. “Per la composizione dei Libri
Sacri, Dio scelse degli uomini, di cui si servì nel possesso delle loro facoltà
e capacità, affinché, agendo Egli stesso in essi e per loro mezzo, scrivessero
come veri autori tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 21].
107 I libri
ispirati insegnano la verità. “Poiché dunque tutto ciò che gli autori
ispirati o agiografi asseriscono, è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo,
si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano
fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza
volle fosse consegnata nelle sacre Lettere” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
108 La fede
cristiana tuttavia non è una “religione del Libro”. Il cristianesimo è la
religione della “Parola” di Dio, di una parola cioè che non è “una
parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente” [San Bernardo di
Chiaravalle, Homilia super missus est, 4, 11: PL 183, 86B]. Perché le parole
dei Libri Sacri non restino lettera morta, è necessario che Cristo, Parola
eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ci “apra la mente
all'intelligenza delle Scritture” ( Lc 24,45 ).
III. Lo Spirito Santo, interprete della Scrittura
109
Nella Sacra Scrittura, Dio parla all'uomo alla maniera umana. Per una retta
interpretazione della Scrittura, bisogna dunque ricercare con attenzione che
cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio
manifestare con le loro parole [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 12].
110 Per
comprendere l'intenzione degli autori sacri, si deve tener conto delle
condizioni del loro tempo e della loro cultura, dei “generi letterari”
allora in uso, dei modi di intendere, di esprimersi, di raccontare, consueti
nella loro epoca. “La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa
nei testi in varia maniera storici o profetici, o poetici, o con altri generi di
espressione” [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 12].
111 Però,
essendo la Sacra Scrittura ispirata, c'è un altro principio di retta
interpretazione, non meno importante del precedente, senza il quale la Scrittura
resterebbe lettera morta: la Sacra Scrittura deve “essere letta e interpretata
con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta” [Cf Conc.
Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 12].
Il Concilio
Vaticano II indica tre criteri per una interpretazione della Scrittura conforme
allo Spirito che l'ha ispirata: [Cf ibid]
112 1.
Prestare grande attenzione “al contenuto e all'unità di tutta la
Scrittura”. Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la
Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù
è il centro e il cuore, aperto dopo la sua Pasqua [Cf Lc 24,25-27; 112 Lc
24,44-46 ].
Il
cuore [Cf Sal 22,15 ] di Cristo designa la Sacra Scrittura che appunto rivela il
cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della Passione, perché la
Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la Passione, affinché
coloro che ormai ne hanno l'intelligenza considerino e comprendano come le
profezie debbano essere interpretate [San Tommaso d'Aquino, Expositio in Psalmos,
21, 11].
113 2.
Leggere la Scrittura nella “Tradizione vivente di tutta la Chiesa”. Secondo
un detto dei Padri, “sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam
in materialibus instrumentis scripta - la Sacra Scrittura è scritta nel cuore
della Chiesa prima che su strumenti materiali”. Infatti, la Chiesa porta nella
sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le
dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale [secundum spiritualem
sensum quem Spiritus donat Ecclesiae”: Origene, Homiliae in Leviticum, 5, 5].
114 3.
Essere attenti “all'analogia della fede” [Cf Rm 12,6 ]. Per “analogia
della fede” intendiamo la coesione delle verità della fede tra loro e nella
totalità del progetto della Rivelazione.
I sensi della Scrittura
115
Secondo un'antica tradizione, si possono distinguere due sensi della Scrittura:
il senso letterale e quello spirituale, suddiviso quest'ultimo in senso
allegorico, morale e anagogico. La piena concordanza dei quattro sensi assicura
alla lettura viva della Scrittura nella Chiesa tutta la sua ricchezza.
116 Il
senso letterale. E' quello significato dalle parole della Scrittura e trovato
attraverso l'esegesi che segue le regole della retta interpretazione. “Omnes
sensus (sc. sacrae Scripturae) fundentur super litteralem - Tutti i sensi della
Sacra Scrittura si basano su quello letterale” [San Tommaso d'Aquino, Summa
theologiae, I, 1, 10, ad 1].
117 Il
senso spirituale. Data l'unità del disegno di Dio, non soltanto il testo della
Scrittura, ma anche le realtà e gli avvenimenti di cui parla possono essere dei
segni.
1. Il
senso allegorico. Possiamo giungere ad una comprensione più profonda degli
avvenimenti se riconosciamo il loro significato in Cristo; così, la traversata
del Mar Rosso è un segno della vittoria di Cristo, e così del Battesimo [Cf
1Cor 10,2 ].
2. Il
senso morale. Gli avvenimenti narrati nella Scrittura possono condurci ad agire
rettamente. Sono stati scritti “per ammonimento nostro” ( 1Cor 10,11 ) [Cf
Eb 3-4,11 ].
3. Il
senso anagogico. Possiamo vedere certe realtà e certi avvenimenti nel loro
significato eterno, che ci conduce (in greco: “anagoge”) verso la nostra
Patria. Così la Chiesa sulla terra è segno della Gerusalemme celeste [Cf Ap
21,1-22,5 ].
118 Un
distico medievale riassume il significato dei quattro sensi:
Littera
gesta docet, quid credas allegoria,
Moralis
quid agas, quo tendas anagogia.
La
lettera insegna i fatti, l'allegoria che cosa credere,
il
senso morale che cosa fare, e l'anagogia dove tendere.
119
“E' compito degli esegeti contribuire, secondo queste regole, alla più
profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura, affinché,
con studi in qualche modo preparatori, si maturi il giudizio della Chiesa. Tutto
questo, infatti, che concerne il modo di interpretare la Scrittura, è
sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il
divino mandato e ministero di conservare ed interpretare la Parola di Dio” [Conc.
Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 12].
Ego vero
Evangelio non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret auctoritas - Non
crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica
[Sant'Agostino, Contra epistulam Manichaei quam vocant fundamenti, 5, 6: PL 42,
176].
IV. Il Canone delle Scritture
120 E'
stata la Tradizione apostolica a far discernere alla Chiesa quali scritti
dovessero essere compresi nell'elenco dei Libri Sacri [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8].
Questo elenco completo è chiamato “Canone”
delle Scritture. Comprende per l'Antico Testamento 46 libri (45 se si
considerano Geremia e le Lamentazioni come un unico testo) e 27 per il Nuovo
Testamento: [Cf Decretum Damasi: Denz. -Schönm., 179; Concilio di Firenze
(1442): ibid., 1334-1336; Concilio di Trento: ibid., 1501-1504].
Genesi,
Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Rut, i due libri di
Samuele, i due libri dei Re, i due libri delle Cronache, Esdra e Neemia, Tobia,
Giuditta, Ester, i due libri dei Maccabei, Giobbe, i Salmi, i Proverbi, il Qoèlet
(Ecclesiaste), il Cantico dei Cantici, la Sapienza, il Siracide (Ecclesiastico),
Isaia, Geremia, le Lamentazioni, Baruc, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos,
Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia per
l'Antico Testamento;
i
Vangeli di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni, gli Atti degli Apostoli, le
Lettere di san Paolo ai Romani, la prima e la seconda ai Corinzi, ai Galati,
agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, la prima e la seconda ai Tessalonicesi,
la prima e la seconda a Timoteo, a Tito, a Filemone, la Lettera agli Ebrei, la
Lettera di Giacomo, la prima e la seconda Lettera di Pietro, le tre Lettere di
Giovanni, la Lettera di Giuda e l'Apocalisse per il Nuovo Testamento.
L'Antico Testamento
121
L'Antico Testamento è una parte ineliminabile della Sacra Scrittura. I suoi
libri sono divinamente ispirati e conservano un valore perenne [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 14] poiché l'Antica Alleanza non è mai stata revocata.
122
Infatti, “l'Economia dell'Antico Testamento era soprattutto ordinata a
preparare. . . l'avvento di Cristo Salvatore dell'universo”. I libri
dell'Antico Testamento, “sebbene contengano anche cose imperfette e
temporanee”, rendono testimonianza di tutta la divina pedagogia dell'amore
salvifico di Dio. Essi “esprimono un vivo senso di Dio, una sapienza salutare
per la vita dell'uomo e mirabili tesori di preghiere”; in essi infine “è
nascosto il mistero della nostra salvezza” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 14].
123 I
cristiani venerano l'Antico Testamento come vera Parola di Dio. La Chiesa ha
sempre energicamente respinto l'idea di rifiutare l'Antico Testamento con il
pretesto che il Nuovo l'avrebbe reso sorpassato (Marcionismo).
Il Nuovo Testamento
124
“La Parola di Dio, che è potenza divina per la salvezza di chiunque crede, si
presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti del Nuovo
Testamento” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 14]. Questi
scritti ci consegnano la verità definitiva della Rivelazione divina. Il loro
oggetto centrale è Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, le sue opere, i
suoi insegnamenti, la sua passione e la sua glorificazione, come pure gli inizi
della sua Chiesa sotto l'azione dello Spirito Santo [Cf ibid., 20].
125 I
Vangeli sono il cuore di tutte le Scritture “in quanto sono la principale
testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro
Salvatore” [Cf ibid., 20].
126
Nella formazione dei Vangeli si possono distinguere tre tappe:
1. La
vita e l'insegnamento di Gesù. La Chiesa ritiene con fermezza che i quattro
Vangeli, “di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono
fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini,
effettivamente operò e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno in
cui ascese al cielo”.
2. La
tradizione orale. “Gli Apostoli poi, dopo l'Ascensione del Signore, trasmisero
ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa
intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e
illuminati dalla luce dello Spirito di verità, godevano”.
3. I
Vangeli scritti. “Gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo
alcune cose tra le molte tramandate a voce o già per iscritto, redigendo una
sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese,
conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da
riferire su Gesù cose vere e sincere” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 19].
127 Il
Vangelo quadriforme occupa nella Chiesa un posto unico; lo testimonia la
venerazione di cui lo circonda la Liturgia e la singolarissima attrattiva che in
ogni tempo ha esercitato sui santi.
Non c'è
dottrina che sia migliore, più preziosa e più splendida del testo del Vangelo.
Considerate e custodite [nel cuore] quanto Cristo, nostro Signore e Maestro, ha
insegnato con le sue parole e realizzato con le sue azioni [Santa Cesaria la
giovane, A sainte Richilde et sainte Radegonde: Sources chrétiennes, 345, 480].
Soprattutto
sul Vangelo mi soffermo durante le mie preghiere: vi trovo quanto è necessario
alla mia povera anima. Vi scopro sempre nuove luci, sensi reconditi e misteriosi
[Santa Teresa di Gesù Bambino, Manoscritti autobiografici, A, 83v].
L'unità dell'Antico e del Nuovo Testamento
128 La
Chiesa, fin dai tempi apostolici, [Cf 1Cor 10,6; 1Cor 10,11; Eb 10,1; 1Pt 3,21 ]
e poi costantemente nella sua Tradizione, ha messo in luce l'unità del piano
divino nei due Testamenti grazie alla tipologia. Questa nelle opere di Dio
dell'Antico Testamento ravvisa delle prefigurazioni di ciò che Dio, nella
pienezza dei tempi, ha compiuto nella Persona del suo Figlio incarnato.
129 I
cristiani, quindi, leggono l'Antico Testamento alla luce di Cristo morto e
risorto. La lettura tipologica rivela l'inesauribile contenuto dell'Antico
Testamento. Non deve indurre però a dimenticare che esso conserva il valore suo
proprio di Rivelazione che lo stesso nostro Signore ha riaffermato [Cf Mc
12,29-31 ]. Pertanto, anche il Nuovo Testamento esige d'essere letto alla luce
dell'Antico. La primitiva catechesi cristiana vi farà costantemente ricorso [Cf
1Cor 5,6-8; 1Cor 10,1-11 ]. Secondo un antico detto, il Nuovo Testamento è
nascosto nell'Antico, mentre l'Antico è svelato nel Nuovo: “Novum in Vetere
latet et in Novo Vetus patet” [Sant'Agostino, Quaestiones in Heptateucum, 2,
73: PL 34, 623; cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 16].
130 La
tipologia esprime il dinamismo verso il compimento del piano divino, quando
“Dio sarà tutto in tutti” ( 1Cor 15,28 ). Anche la vocazione dei patriarchi
e l'Esodo dall'Egitto, per esempio, non perdono il valore che è loro proprio
nel piano divino, per il fatto di esserne, al tempo stesso, tappe intermedie.
V. La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa
131
“Nella Parola di Dio è insita tanta efficacia e potenza da essere sostegno e
vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo
dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum,
21]. “E' necessario che i fedeli abbiano largo accesso
alla Sacra Scrittura” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
132 “Lo
studio della Sacra Scrittura sia dunque come l'anima della sacra teologia. Anche
il ministero della Parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e tutta
l'istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto
privilegiato, si nutre con profitto e santamente vigoreggia con la Parola della
Scrittura” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
133 La
Chiesa “esorta con forza e insistenza tutti i fedeli... ad apprendere "la
sublime scienza di Gesù Cristo" ( Fil 3,8 ) con la frequente lettura delle
divine Scritture. "L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di
Cristo" (San Girolamo)” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21].
134
“Omnis Scriptura divina unus liber est, et hic unus liber Christus est, quia
omnis Scriptura divina de Christo loquitur, et omnis Scriptura divina in Christo
impletur - Tutta la divina Scrittura è un libro solo e quest'unico libro è
Cristo; infatti tutta la divina Scrittura parla di Cristo e in Lui trova
compimento” [Ugo di San Vittore, De arca Noe, 2, 8: PL 176, 642C].
135
“Le Sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, perché ispirate, sono
veramente Parola di Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 24].
136 Dio è
l'Autore della Sacra Scrittura nel senso che ispira i suoi autori umani; Egli
agisce in loro e mediante loro. Così ci dà la certezza che i loro scritti
insegnano senza errore la verità salvifica [Cf ibid., 11].
137
L'interpretazione delle Scritture ispirate dev'essere innanzi tutto attenta a ciò
che Dio, attraverso gli autori sacri, vuole rivelare per la nostra salvezza.
“Ciò che è opera dello Spirito, non viene pienamente compreso se non sotto
l'azione dello Spirito” [Origene, Homiliae in Exodum, 4, 5].
138 La
Chiesa riceve e venera come ispirati i 46 libri dell'Antico Testamento e i 27
libri del Nuovo Testamento.
139 I
quattro Vangeli occupano un posto centrale, per la centralità che Cristo ha in
essi.
140
Dall'unità del progetto di Dio e della sua Rivelazione deriva l'unità dei due
Testamenti: l'Antico Testamento prepara il Nuovo, mentre il Nuovo compie
l'Antico; i due si illuminano a vicenda; entrambi sono vera Parola di Dio.
141
“La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo
stesso del Signore”; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21] in ambedue le realtà
tutta la vita cristiana trova il proprio nutrimento e la propria regola.
“Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” ( Sal
119,105 ) [Cf Is 50,4 ].
PARTE PRIMA - LA PROFESSIONE DELLA FEDE
SEZIONE PRIMA - “IO CREDO” - “NOI CREDIAMO”
CAPITOLO TERZO -
LA RISPOSTA DELL'UOMO A DIO
142 Con la sua Rivelazione “Dio invisibile nel
suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per
invitarli ed ammetterli alla comunione con sé” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 2]. La risposta adeguata a questo invito è la fede.
143
Con la fede l'uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la
propria volontà. Con tutto il suo essere l'uomo dà il proprio assenso a Dio
rivelatore [Cf ibid., 5]. La Sacra Scrittura chiama “obbedienza della fede”
questa risposta dell'uomo a Dio che rivela [Cf Rm 1,5; Rm 16,26 ].
IO
CREDO
I. L'obbedienza della fede
144
Obbedire (ob-audire”) nella fede è sottomettersi liberamente alla Parola
ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la Verità
stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci dalla Sacra Scrittura è
Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta.
Abramo - “il padre di tutti i credenti”
145 La
Lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati, insiste
particolarmente sulla fede di Abramo: “Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì
partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere
dove andava” ( Eb 11,8 ) [Cf Gen 12,1-4 ]. Per fede soggiornò come straniero
e pellegrino nella Terra promessa [Cf Gen 23,4 ]. Per fede Sara ricevette la
possibilità di concepire il figlio della promessa. Per fede, infine, Abramo
offrì in sacrificio il suo unico figlio [Cf Eb 11,17 ].
146
Abramo realizza così la definizione della fede data dalla Lettera agli Ebrei:
“La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si
vedono” ( Eb 11,1 ). “Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come
giustizia” ( Rm 4,3 ) [Cf Gen 15,6 ]. Grazie a questa forte fede, [Cf Rm 4,20
] Abramo è diventato “padre” di tutti coloro che credono ( Rm 4,11; Rm 4,18
) [Cf Gen 15,5 ].
147 Di
questa fede, l'Antico Testamento è ricco di testimonianze. La Lettera agli
Ebrei fa l'elogio della fede esemplare degli antichi che “ricevettero” per
essa “una buona testimonianza” ( Eb 11,2; Eb 11,39 ). Tuttavia “Dio aveva
in vista qualcosa di meglio per noi”: la grazia di credere nel suo Figlio Gesù,
“autore e perfezionatore della fede” ( Eb 11,40; 147 Eb 12,2 ).
Maria - “Beata colei che ha creduto”
148 La
Vergine Maria realizza nel modo più perfetto l'obbedienza della fede. Nella
fede, Maria accolse l'annunzio e la promessa a Lei portati dall'angelo Gabriele,
credendo che “nulla è impossibile a Dio” ( Lc 1,37 ), [Cf Gen 18,14 ] e
dando il proprio consenso: “Sono la serva del Signore, avvenga di me quello
che hai detto” ( Lc 1,38 ). Elisabetta la salutò così: “Beata colei che ha
creduto nell'adempimento delle parole del Signore” ( Lc 1,45 ). Per questa
fede tutte le generazioni la chiameranno beata [Cf Lc 1,48 ].
149
Durante tutta la sua vita, e fino all'ultima prova, [Cf Lc 2,35 ] quando Gesù,
suo Figlio, morì sulla croce, la sua fede non ha mai vacillato. Maria non ha
cessato di credere “nell'adempimento” della Parola di Dio. Ecco perché la
Chiesa venera in Maria la più pura realizzazione della fede.
II. “So a chi ho creduto” ( 2Tm 1,12 )
Credere in un solo Dio
150 La
fede è innanzi tutto una adesione personale dell'uomo a Dio; al tempo stesso ed
inseparabilmente, è l'assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato. In
quanto adesione personale a Dio e assenso alla verità da Lui rivelata, la fede
cristiana differisce dalla fede in una persona umana. E' bene e giusto affidarsi
completamente a Dio e credere assolutamente a ciò che Egli dice. Sarebbe vano e
fallace riporre una simile fede in una creatura [Cf Ger 17,5-6; 150 Sal 40,5;
Sal 146,3-4 ].
Credere in Gesù Cristo, Figlio di Dio
151
Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in Colui che Egli
ha mandato, “il suo Figlio prediletto” nel quale si è compiaciuto ( Mc 1,11
); Dio ci ha detto di ascoltarlo [Cf Mc 9,7 ]. Il Signore stesso dice ai suoi
discepoli: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” ( Gv 14,1 ).
Possiamo credere in Gesù Cristo perché Egli stesso è Dio, il Verbo fatto
carne: “Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel
seno del Padre, Lui lo ha rivelato” ( Gv 1,18 ). Poiché Egli “ha visto il
Padre” ( Gv 6,46 ), è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare [Cf Mt 11,27
].
Credere nello Spirito Santo
152
Non si può credere in Gesù Cristo se non si ha parte al suo Spirito. E' lo
Spirito Santo che rivela agli uomini chi è Gesù. Infatti “nessuno può dire:
"Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo” ( 1Cor
12,3 ). “Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio... Nessuno
ha mai potuto conoscere i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio” ( 1Cor
2,10-11 ). Dio solo conosce pienamente Dio. Noi crediamo nello Spirito Santo
perché è Dio.
La Chiesa non cessa di confessare la sua fede in un
solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
III. Le caratteristiche della fede
La fede è una grazia
153
Quando san Pietro confessa che Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio
vivente”, Gesù gli dice: “Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato,
ma il Padre mio che sta nei cieli” ( Mt 16,17 ) [Cf Gal 1,15; 153 Mt 11,25 ].
La fede è un dono di Dio, una virtù soprannaturale da Lui infusa. “Perché
si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e
soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e
lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel
consentire e nel credere alla verità"” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 5].
La fede è un atto umano
154 E'
impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo.
Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è
contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e
aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è
contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé
e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse (come, per esempio,
quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così in reciproca
comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità
“prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e
della nostra volontà a Dio quando si rivela” [Concilio Vaticano I: Denz.-Schönm.,
3008] ed entrare in tal modo in intima comunione con lui.
155
Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina:
“Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio
voluntatis a Deo motae per gratiam - Credere è un atto dell'intelletto che,
sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il
proprio consenso alla verità divina” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
II-II, 2, 9; cf Concilio Vaticano I: Denz.-Schönm., 3010].
La fede e l'intelligenza
156 Il
motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come
vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo
“per l'autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può né ingannarsi
né ingannare”. “Nondimeno, perché l'ossequio della nostra fede fosse
conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito
Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua Rivelazione”
[Concilio Vaticano I: Denz.- Schönm., 3009]. Così i miracoli di Cristo e dei
santi [Cf Mc 16,20; Eb 2,4 ] le profezie, la diffusione e la santità della
Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità “sono segni certissimi della
divina Rivelazione, adatti ad ogni intelligenza”, sono “motivi di credibilità”
i quali mostrano che l'assenso della fede non è “affatto un cieco moto dello
spirito” [Concilio Vaticano I: Denz.-Schönm., 3008-3010].
157 La
fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda sulla
Parola stessa di Dio, il quale non può mentire. Indubbiamente, le verità
rivelate possono sembrare oscure alla ragione e all'esperienza umana, ma “la
certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta dalla luce
della ragione naturale” [San Tommaso d'Aquino, Summa teologiae, II-II, 171, 5,
ad 3]. “Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio” [John Henry Newman,
Apologia pro vita sua].
158
“La fede cerca di comprendere ”: [Sant'Anselmo d'Aosta, Proslogion, proem:
PL 153, 225A] è caratteristico della fede che il credente desideri conoscere
meglio colui nel quale ha posto la sua fede, e comprendere meglio ciò che egli
ha rivelato; una conoscenza più penetrante richiederà a sua volta una fede più
grande, sempre più ardente d'amore. La grazia della fede apre “gli occhi
della mente” ( Ef 1,18 ) per una intelligenza viva dei contenuti della
Rivelazione, cioè dell'insieme del disegno di Dio e dei misteri della fede,
dell'intima connessione che li lega tra loro e con Cristo, centro del Mistero
rivelato. Ora, “affinché l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più
profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei
suoi doni” [Conc. Ecum.
Vat. II, Dei Verbum, 5]. Così,
secondo il detto di sant'Agostino, “credo per comprendere e comprendo per
meglio credere” [Sant'Agostino, Sermones, 43, 7, 9: PL 38, 258].
159
Fede e scienza. “Anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai
essere vera divergenza tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio che rivela i
misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume della
ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero contraddire il
vero” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3017]. “Perciò la ricerca
metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e
secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché
le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi,
chi si sforza con umiltà e perseveranza di scandagliare i segreti della realtà,
anche senza che egli se ne avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il
quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36, 2].
La libertà della fede
160
Per essere umana, la risposta della fede data dall'uomo a Dio deve essere
volontaria; “nessuno quindi può essere costretto ad abbracciare la fede
contro la sua volontà. Infatti l'atto di fede è volontario per sua stessa
natura” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 10; cf Codice di Diritto
Canonico, 748, 2]. “Dio chiama certo gli uomini a servire lui in spirito e
verità, per cui essi sono vincolati in coscienza ma non coartati... Ciò è
apparso in sommo grado in Cristo Gesù” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 11]. Infatti,
Cristo ha invitato alla fede e alla conversione, ma a ciò non ha affatto
costretto. Ha reso testimonianza alla verità”, ma non ha voluto “imporla
con la forza a coloro che la respingevano. Il suo regno ... cresce in virtù
dell'amore, con il quale Cristo, esaltato in croce, trae a sé gli uomini” [Conc.
Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 11].
La necessità della fede
161
Credere in Gesù Cristo e in colui che l'ha mandato per la nostra salvezza, è
necessario per essere salvati [Cf Mc 16,16; Gv 3,36; Gv 6,40 e. a]. “Poiché
"senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" ( Eb 11,6 ) e
condividere le condizioni di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato
senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non "persevererà in
essa sino alla fine" ( Mt 10,22; 161 Mt 24,13 )” [Concilio Vaticano I:
Denz. -Schönm. , 3012; cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., ].
La perseveranza nella fede
162 La
fede è un dono che Dio fa all'uomo gratuitamente. Noi possiamo perdere questo
dono inestimabile. San Paolo, a questo proposito, mette in guardia Timoteo:
Combatti “la buona battaglia con fede e buona coscienza, poiché alcuni che
l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede” ( 1Tm 1,18-19 ). Per
vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo nutrirla con
la Parola di Dio; dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; [Cf Mc 9,24; Lc
17,5; Lc 22,32 ] essa deve operare “per mezzo della carità” ( Gal 5,6 ), [Cf
Gc 2,14-26 ] essere sostenuta dalla speranza [Cf Rm 15,13 ] ed essere radicata
nella fede della Chiesa.
La fede - inizio della vita eterna
163 La
fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione beatifica,
fine del nostro pellegrinare quaggiù. Allora vedremo Dio “a faccia a
faccia” ( 1Cor 13,12 ), “così come egli è” ( 1Gv 3,2 ). ( 1Gv 3,2 ). La
fede, quindi, è già l'inizio della vita eterna:
Fin
d'ora contempliamo come in uno specchio, quasi fossero già presenti, le realtà
meravigliose che ci riservano le promesse e che, per la fede, attendiamo di
godere [San Basilio di Cesarea, Liber de Spiritu Sancto, 15, 36: PG 32, 132; cf
San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 4, 1].
164
Ora, però, “camminiamo nella fede e non ancora in visione” ( 2Cor 5,7 ), e
conosciamo Dio “come in uno specchio, in maniera confusa..., in modo
imperfetto” ( 1Cor 13,12 ). La fede, luminosa a motivo di Colui nel quale
crede, sovente è vissuta nell'oscurità. La fede può essere messa alla prova.
Il mondo nel quale viviamo pare spesso molto lontano da ciò di cui la fede ci dà
la certezza; le esperienze del male e della sofferenza, delle ingiustizie e
della morte sembrano contraddire la Buona Novella, possono far vacillare la fede
e diventare per essa una tentazione.
165
Allora dobbiamo volgerci verso i testimoni della fede: Abramo, che credette,
“sperando contro ogni speranza” ( Rm 4,18 ); la Vergine Maria che, nel
“cammino della fede”, [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 58] è giunta
fino alla “notte della fede” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
Mater, 18] partecipando alla sofferenza del suo Figlio e alla notte della sua
tomba; e molti altri testimoni della fede. “Circondati da un così gran nugolo
di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia,
corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo
sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” ( Eb 12,1-2 )
NOI
CREDIAMO
166 La
fede è un atto personale: è la libera risposta dell'uomo all'iniziativa di Dio
che si rivela. La fede però non è un atto isolato. Nessuno può credere da
solo, così come nessuno può vivere da solo. Nessuno si è dato la fede da se
stesso, così come nessuno da se stesso si è dato l'esistenza. Il credente ha
ricevuto la fede da altri e ad altri la deve trasmettere. Il nostro amore per
Gesù e per gli uomini ci spinge a parlare ad altri della nostra fede. In tal
modo ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non
posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede,
contribuisco a sostenere la fede degli altri.
167
“Io credo”: [Simbolo degli Apostoli] è la fede della Chiesa professata
personalmente da ogni credente, soprattutto al momento del Battesimo. “Noi
crediamo”: [Simbolo di Nicea-Costantinopoli, nell'originale greco] è la fede
della Chiesa confessata dai vescovi riuniti in Concilio, o, più generalmente,
dall'assemblea liturgica dei credenti. “Io credo”: è anche la Chiesa,
nostra Madre, che risponde a Dio con la sua fede e che ci insegna a dire: “Io
credo”, “Noi crediamo”.
I. “Guarda, Signore, alla fede della tua
Chiesa”
168 E'
innanzi tutto la Chiesa che crede, e che così regge, nutre e sostiene la mia
fede. E' innanzi tutto la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore, [Te per
orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia - Te la santa Chiesa confessa su tutta
la terra] e con essa e in essa, anche noi siamo trascinati e condotti a
confessare: “Io credo”, “Noi crediamo”. Dalla Chiesa riceviamo la fede e
la vita nuova in Cristo mediante il Battesimo. Nel “Rituale Romano” il
ministro del Battesimo domanda al catecumeno: “Che cosa chiedi alla Chiesa di
Dio?”. E la risposta è: “La fede”. “Che cosa ti dona la fede?”. “La
vita eterna”.
169 La
salvezza viene solo da Dio; ma, poiché riceviamo la vita della fede attraverso
la Chiesa, questa è nostra Madre: “Noi crediamo la Chiesa come Madre della
nostra nuova nascita, e non nella Chiesa come se essa fosse l'autrice della
nostra salvezza” [Fausto di Riez, De Spiritu Sancto, 1, 2: CSEL 21, 104].
Essendo nostra Madre, la Chiesa è anche l'educatrice della nostra fede.
II. Il linguaggio della fede
170
Noi non crediamo in alcune formule, ma nelle realtà che esse esprimono e che la
fede ci permette di “toccare”. “L'atto (di fede) del credente non si ferma
all'enunciato, ma raggiunge la realtà (enunciata)” [San Tommaso d'Aquino,
Summa theologiae, II-II, 1, 2, ad 2]. Tuttavia, queste realtà noi le accostiamo
con l'aiuto delle formulazioni della fede. Esse ci permettono di esprimere e di
trasmettere la fede, di celebrarla in comunità, di assimilarla e di viverne
sempre più intensamente.
171 La
Chiesa, che è “colonna e sostegno della verità” ( 1Tm 3,15 ), conserva
fedelmente “la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte” ( Gd
1,3 ). E' la Chiesa che custodisce la memoria delle Parole di Cristo e trasmette
di generazione in generazione la confessione di fede degli Apostoli. Come una
madre che insegna ai suoi figli a parlare, e con ciò stesso a comprendere e a
comunicare, la Chiesa nostra Madre, ci insegna il linguaggio della fede per
introdurci nell'intelligenza e nella vita della fede.
III. Una sola fede
172 Da
secoli, attraverso molte lingue, culture, popoli e nazioni, la Chiesa non cessa
di confessare la sua unica fede, ricevuta da un solo Signore, trasmessa mediante
un solo Battesimo, radicata nella convinzione che tutti gli uomini non hanno che
un solo Dio e Padre [Cf Ef 4,4-6 ]. Sant'Ireneo di Lione, testimone di questa
fede, dichiara:
173
“In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità
della terra, avendo ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli la fede...,
conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un'unica
casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un
cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce
unanime, come se avesse una sola bocca” [Sant' Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 1, 10, 1-2].
174
“Infatti, se le lingue nel mondo sono varie, il contenuto della Tradizione è
però unico e identico. E non hanno altra fede o altra Tradizione né le Chiese
che sono in Germania, né quelle che sono in Spagna, né quelle che sono presso
i Celti (in Gallia), né quelle dell'Oriente, dell'Egitto, della Libia, né
quelle che sono al centro del mondo. . . ” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus
haereses, 1, 10, 1-2]. “Il messaggio della Chiesa è dunque veridico e solido,
poiché essa addita a tutto il mondo una sola via di salvezza” [Sant'Ireneo di
Lione, Adversus haereses, 1, 10, 1-2].
175
“Questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, la conserviamo con cura, perché,
sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore,
chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche
il vaso che la contiene” [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 1, 10,
1-2].
176 La
fede è un'adesione personale di tutto l'uomo a Dio che si rivela. Comporta
un'adesione della intelligenza e della volontà alla Rivelazione che Dio ha
fatto di sé attraverso le sue opere e le sue parole.
177
“Credere” ha perciò un duplice riferimento: alla persona e alla verità;
alla verità per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma.
178
Non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo.
179 La
fede è un dono soprannaturale di Dio. Per credere, l'uomo ha bisogno degli
aiuti interiori dello Spirito Santo.
180
“Credere” è un atto umano, cosciente e libero, che ben s'accorda con la
dignità della persona umana.
181
“Credere” è un atto ecclesiale. La fede della Chiesa precede, genera,
sostiene e nutre la nostra fede. La Chiesa è la Madre di tutti i credenti.
“Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa per Madre” [San
Cipriano di Cartagine, De catholicae unitate Ecclesiae: PL 4, 503A].
182
“Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o
tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata”
[Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 20].
183 La
fede è necessaria alla salvezza. Il Signore stesso lo afferma: “Chi crederà
e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” ( Mc
16,16 ).
184
“La fede è una pregustazione della conoscenza che ci renderà beati nella
vita futura” [San Tommaso d'Aquino, Compendium theologiae, 1, 2].
CREDO DI NICEA - COSTANTINOPOLI |
Credo
in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, di
tutte le cose visibili e invisibili. |
SIMBOLO DEGLI APOSTOLI |
Credo in Dio Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocefisso, morì e fu sepolto. Discese agli inferi, il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture. E’ salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna. Amen. |